Offshoring e recupero crediti: i rischi di chi sceglie di andare via
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Anche il settore del recupero crediti è stato investito negli ultimi anni da un fenomeno che ha coinvolto molti altri settori industriali, sia per quanto riguarda le aziende manifatturiere che le aziende di servizi. Parliamo delle delocalizzazioni, anche dette offshoring, cioè dell’esternalizzazione delle attività aziendali in Paesi esteri. Una scelta che avviene nella maggior parte dei casi in ragione del basso costo del lavoro nei Paesi di destinazione.
Un fenomeno, questo, che non sempre è da attribuire alla continua ricerca di maggiori guadagni da parte della proprietà, ma che sempre più spesso è invece una scelta obbligata, dettata dalle esigenze dei clienti che abbassano sempre più i compensi o le provvigioni. Per far fronte a queste riduzioni alcune aziende, anche nel settore del recupero crediti, hanno scelto di delocalizzare verso i Paesi dell’Est Europa.
Secondo il database ERM (European Restructuring Monitor) di Eurofound, che dal 2002 monitora le ristrutturazioni di impresa su larga scala nei 28 Paesi della UE e in Norvegia, nei Paesi considerati si sono persi complessivamente oltre 220 mila posti di lavoro, una stima che considera solo i posti di lavoro diretti, senza tenere conto anche l’influenza che queste delocalizzazioni hanno sull’indotto.
I dati elaborati da Eurofound su base ERM dimostrano inoltre che la maggior parte dei posti di lavoro persi a seguito di processi di offshoring si sia poi riversata in Paesi a basso costo del lavoro: tra il 2003 e il 2016 il 44,8% è finito nei 13 Paesi della UE dell’Europa Centrale e Orientale; il 10,2% in Cina; l’11,6% in India e in Asia. Solo il 18,2% di essi è rimasto nei paesi EU15.
Anche nel settore del recupero crediti, come detto, si è evidenziata questa tendenza. Qualche volta, però, nemmeno la delocalizzazione è sufficiente per arginare la continua erosione dei compensi e delle provvigioni riconosciute. In casi come questi i bilanci in rosso e l’esaurimento delle riserve finanziarie conduce a una restrizione anche nelle linee di credito delle banche, con conseguenze disastrose per le aziende che, come in recenti casi, per arginare un trend negativo nei ricavi sono costrette a pesanti ristrutturazioni aziendali.
Una situazione che accomuna moltissimi settori, incluso quello del recupero crediti, e che richiederebbe l’attenzione di tutti gli stakeholder e l’impegno a mantenere i giusti margini di guadagno e la giusta qualità dei servizi offerti, evitando così la scelta (a volte obbligata) della delocalizzazione, che impoverisce di risorse il nostro Paese e rischia di portare, sul lungo termine, al tracollo le aziende che la compiono.